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Corte Costituzionale

Sentenza 25 febbraio - 6 marzo 2002

38/2002

(Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 13 marzo 2002, n.11)

www.cortecostituzionale.it
Oggetto.

N. 38 Sentenza 25 febbraio - 6 marzo 2002.

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Salute (tutela della) - Trattamenti sanitari obbligatori - Indennizzo per danni irreversibili derivanti da vaccinazione antipoliomielitica obbligatoria - Diritto all'assegno di "superinvalidita'" previsto (dalla tabella E allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834) in conseguenza di eventi bellici - Omesso riconoscimento Lamentata disparita' di trattamento tra soggetti egualmente danneggiati nella salute - Eterogeneita' dei sistemi normativi a confronto - Auspicabilita' di un intervento legislativo in materia - Non fondatezza della questione. - Legge 25 febbraio 1992, n. 210 (come integrata dall'art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238), artt. 2, comma 7, e 4, comma 4. - Costituzione, artt. 2, 3 e 32.


Nella sentenza.

La Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale di Camerino con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Ciò premesso, il rimettente ritiene rilevante, ai fini della definizione del giudizio a quo, la soluzione della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992 (come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge n. 238 del 1997), in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione: (a) la prima disposizione nella parte in cui non prevede che ai danneggiati in modo gravissimo da vaccinazione antipolio sia corrisposto anche l’assegno di «superinvalidità» di cui alla tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981; (b) la seconda disposizione nella parte in cui, nel caso di danno alla salute derivante da vaccinazione obbligatoria antipolio, non consente alla competente commissione medica ospedaliera di applicare al danneggiato la medesima tabella E sopra indicata.

Questo modo di argomentare, innanzitutto, condurrebbe troppo lontano poiché, dando rilievo solo all’effetto e non alle possibili cause, porterebbe addirittura a concludere - ben al di là della estensione di un singolo aspetto di una disciplina a un’altra - per la necessità sul piano costituzionale di un’unica disciplina (per usare la terminologia dell’ordinanza di rimessione) di “risarcimento solidale” del danno alla salute da parte della collettività, quale che sia la ragione che chiama in causa anche un interesse collettivo che ha determinato la necessaria esposizione a rischio della salute individuale. Ma, soprattutto, così ragionando, si trascura di considerare che l’intervento pubblico in questione deriva, dal punto di vista costituzionale, da un obbligo dello Stato non strettamente commisurato al danno subìto, un obbligo cioè di solidarietà sociale nei confronti di coloro che hanno esposto la loro salute a un rischio, nell’interesse non solo loro proprio, ma anche dell’intera collettività. Se si trattasse di un risarcimento dovuto per la lesione di un diritto, potrebbero ritenersi irrilevanti, ai fini della determinazione quantitativa del risarcimento, le cause della lesione. Poiché invece si tratta dell’adempimento di un dovere di solidarietà, è naturale ammettere che tale dovere possa essere avvertito e dal legislatore tradotto in norma, a seconda dei casi, in maniera e misura variabile in rapporto alle circostanze in cui il danno alla salute si è determinato e che quindi anche le conseguenti misure indennitarie possano differenziarsi le une dalle altre.

E’ peraltro indubbio che la presente questione, come altre sulle quali questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi nel recente passato (sentenze n. 27 del 1998; n. 226 e n. 423 del 2000), nasce comprensibilmente dalla constatazione che i criteri di determinazione della misura dell’indennizzo nelle diverse ipotesi previste dal legislatore del 1992 non sono i più congrui fra quelli cui il legislatore medesimo avrebbe potuto fare riferimento, anche alla luce di quanto chiarito da questa Corte circa i caratteri di tale misura, che, oltre a dovere risultare «equa» rispetto al danno subìto (sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996), deve «tenere conto di tutte le componenti del danno stesso» (sentenza n. 307 del 1990). L’art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, in particolare, si limita infatti a fare un mero e globale rinvio, per il calcolo dell’indennizzo, a quanto previsto da una tabella che ha riguardo a un caso distante da quello qui in discussione, cioè al trattamento pensionistico privilegiato di appartenenti alle Forze Armate, per le ipotesi di infermità o malattie derivanti da cause di servizio. Il che induce a ribadire la sollecitazione, già formulata nella sentenza n. 423 del 2000 di questa Corte, affinché si addivenga a una nuova disciplina, specificamente determinata in relazione alle esigenze di normazione proprie della delicata materia.




Sentenza.

Presidente Ruperto - relatore Neppi Zagrebelsky

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), promosso con ordinanza emessa l’8 maggio 2000 dal Tribunale di Camerino nel procedimento civile vertente tra M.C. e il Ministero della sanità, iscritta al n. 624 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti l’atto di costituzione di M.C. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 4 dicembre 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale di Camerino, in composizione monocratica e con funzioni di giudice del lavoro, con ordinanza dell’8 maggio 2000 ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

1.1. – Il rimettente riferisce che la competente commissione per l’accertamento delle invalidità civili aveva riconosciuto a M.C., sottoposto nel 1976 a vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, una invalidità del cento per cento, per la quale, in seguito all’entrata in vigore della legge n. 210 del 1992, questi aveva ottenuto la corresponsione di un indennizzo bimestrale; M.C. aveva quindi presentato istanza al Ministero della sanità sia per la corresponsione dell’assegno una tantum previsto dall’art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, come integrato dalla legge n. 238 del 1997, sia per l’attribuzione di un indennizzo aggiuntivo (art. 2, comma 7, della legge n. 210), avendo contratto, per effetto della vaccinazione, più di una malattia, ciascuna delle quali produttiva di esiti invalidanti. Non avendo ricevuto risposta, M.C. ha proposto ricorso presso il Tribunale rimettente per ottenere dal Ministero della sanità, oltre alla corresponsione degli indennizzi sopra indicati e degli interessi arretrati sui relativi importi, anche l’attribuzione dell’assegno di «superinvalidità» previsto dalla tabella E allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista dall’art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533).

1.2. – Ciò premesso, il rimettente ritiene rilevante, ai fini della definizione del giudizio a quo, la soluzione della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992 (come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge n. 238 del 1997), in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione: (a) la prima disposizione nella parte in cui non prevede che ai danneggiati in modo gravissimo da vaccinazione antipolio sia corrisposto anche l’assegno di «superinvalidità» di cui alla tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981; (b) la seconda disposizione nella parte in cui, nel caso di danno alla salute derivante da vaccinazione obbligatoria antipolio, non consente alla competente commissione medica ospedaliera di applicare al danneggiato la medesima tabella E sopra indicata.

1.3. – La rilevanza della questione risiede, ad avviso del rimettente, nel fatto che dall’accoglimento della questione di legittimità costituzionale dipende l’accoglimento del ricorso nel merito, in quanto M.C., sottoposto a consulenza tecnica d’ufficio nel corso del giudizio, è risultato «affetto da diplegia causata da malattia paralitica da somministrazione di vaccino orale antipolio». A giudizio del consulente tecnico d’ufficio, che il rimettente considera «condivisibile», il complesso patologico derivante da tale affezione «può sicuramente essere sussunto tra le fattispecie di cui al punto b.1 della tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981», che concerne le «lesioni del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), con conseguenze gravi e permanenti di grado tale da apportare, isolatamente o nel loro complesso, profondi ed irreparabili perturbamenti della vita organica e sociale».

1.4. – Il giudice a quo svolge una ricostruzione del quadro normativo e della giurisprudenza costituzionale in tema di danno alla salute derivante da vaccinazioni obbligatorie, richiamando l’approvazione, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 307 del 1990, della legge n. 210 del 1992, la quale prevede la corresponsione di un indennizzo a favore di coloro che, a causa di vaccinazioni imposte per legge, abbiano subito lesioni produttive di menomazioni psico-fisiche irreversibili, e di coloro che, a seguito di trasfusioni di sangue o di emoderivati, siano stati infettati da HIV o lamentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali.

Il rimettente ricorda inoltre che con la sentenza n. 118 del 1996 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 3, comma 7, della citata legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevedevano il diritto a un equo indennizzo a carico dello Stato, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi della patologia e il momento di entrata in vigore della legge, a favore di coloro che avessero subìto lesioni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria antipolio e di coloro che avessero prestato assistenza personale diretta ai soggetti lesi.

A seguito di tale sentenza – prosegue il rimettente – la legge n. 238 del 1997 ha previsto la corresponsione di un assegno una tantum a favore di coloro che hanno subito le lesioni considerate dalla legge n. 210 del 1992, pari al trenta per cento dell’indennizzo in essa previsto, per ciascuno degli anni intercorsi tra l’evento dannoso e l’entrata in vigore della stessa legge n. 210.

Con la sentenza n. 27 del 1998, infine, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevedeva il diritto all’indennizzo di coloro che siano stati vaccinati contro la poliomielite nel periodo in cui era in vigore la legge 30 luglio 1959, n. 695 (Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica), cioè quando la vaccinazione, benché incentivata, non era ancora obbligatoria.

Concludendo la sua ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale, il rimettente rileva che, allo stato attuale, la legislazione esclude la possibilità di corrispondere, ai soggetti i quali abbiano subìto danni permanenti e irreversibili a seguito di vaccinazione obbligatoria antipolio, l’assegno di «superinvalidità», previsto – dalla tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981 – soltanto a favore degli invalidi per cause belliche o di servizio connesso alla guerra.

1.5. – Di questa mancata possibilità il rimettente si duole, in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

In primo luogo il quadro normativo descritto produrrebbe «una disparità trattamentale tra situazioni tutt’affatto consimili» non giustificata da ragioni prevalenti di tutela della collettività.

L’art. 32 della Costituzione – ricorda il rimettente – tutela la salute, prima che come interesse della collettività, come diritto «assoluto e primario» dell’individuo: da ciò dovrebbe desumersi, anche alla luce del principio solidaristico (art. 2 della Costituzione), la necessità della tutela della salute individuale anche quando dal trattamento del singolo la collettività non tragga un immediato beneficio.

Le citate disposizioni costituzionali escludono, ad avviso del giudice a quo, che la collettività possa richiedere all’individuo di esporre a rischio la propria salute senza farsi carico delle eventuali conseguenze negative: pur prevedendo trattamenti sanitari imposti per legge a beneficio dell’interesse collettivo alla salute, l’art. 32 della Costituzione «non postula il sacrificio della salute individuale a quella collettiva». Ne consegue che, a fronte dell’assunzione da parte del singolo del rischio di lesioni alla salute, l’art. 2 della Costituzione impone allo Stato di corrispondere, nel caso che l’evento dannoso si produca, «una protezione specifica consistente in una “equa indennità”».

In base alla ricostruzione esposta, poi, non sarebbe ragionevole commisurare l’equa indennità al fattore di rischio – «inteso come più o meno rilevante possibilità di verificarsi di un evento dannoso» – anziché all’entità del danno che l’individuo ha effettivamente subìto in conseguenza dell’adempimento di un obbligo imposto dalla legge; né la censurata disparità di trattamento potrebbe trovare giustificazione nella considerazione che a determinate situazioni corrisponda una maggiore probabilità di compromissione del bene della salute perché, se così fosse, lo Stato dovrebbe attribuire un’indennità proporzionata al rischio a favore di tutti coloro che vi si espongono, indipendentemente dal verificarsi dell’evento. La ratio della legislazione in materia sarebbe invece da rinvenire nel favore verso il “risarcimento solidale” da parte della collettività, nel cui interesse il singolo si è esposto al fattore di rischio, in caso di evento che abbia causato un danno grave ed irreversibile alla salute dell’individuo.

2. – Si è costituita in giudizio la parte privata M.C., depositando una memoria nella quale si richiamano, condividendole, le argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione.

La difesa della parte aggiunge, ai fini del profilo di sostenibilità finanziaria, che i cittadini attualmente indennizzati per vaccinazioni obbligatorie non sarebbero più di cinquecento, e sollecita la Corte costituzionale ad acquisire, con ordinanza istruttoria, i relativi dati presso il Ministero della sanità. Rispetto agli indennizzati, coloro che hanno contratto una pluralità di patologie sarebbero «una esigua minoranza», che si ridurrebbe ulteriormente con riferimento ai soggetti affetti da patologie comprese nell’allegato E del d.P.R. n. 834 del 1981; non varrebbero quindi, in senso contrario all’accoglimento della questione, neppure esigenze di salvaguardia del bilancio.

3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio così promosso, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o infondata.

In una memoria depositata in prossimità dell’udienza l’interveniente premette che la questione, «pur nella consapevolezza della rilevanza dei profili sociali» ad essa attinenti «e con comprensione per la particolare situazione soggettiva», deve essere considerata in un quadro complessivo che tenga conto della giurisprudenza costituzionale in materia.

In primo luogo l’Avvocatura ritiene che il giudice rimettente abbia confuso i presupposti dei diversi istituti del risarcimento del danno e dell’indennizzo: contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, la funzione di integrale ed effettivo ristoro del danno appartiene all’istituto del risarcimento, mentre l’indennizzo avrebbe funzione integrativa «là dove si avverte pressante l’esigenza del ristoro di un pregiudizio, pur in presenza della impossibilità o estrema difficoltà di assicurarlo nella sua integralità». A tale proposito, l’interveniente richiama la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996) in cui si afferma che il riconoscimento dell’indennizzo per lesioni derivanti dalla vaccinazione antipolio si inserisce nel sistema di sicurezza sociale e non nel contesto della responsabilità civile.

La Corte costituzionale, nelle decisioni richiamate, avrebbe perseguito «scopi di giustizia sostanziale» nell’assicurare il ristoro del danno per casi che sono comunque «assolutamente rari», tali perciò da non alterare gli esiti della politica sanitaria. In quei casi lo Stato, in considerazione della rilevanza degli interessi coinvolti, come si accolla il costo della vaccinazione così affronta il costo derivante dal contagio, in seguito a una valutazione che ritiene – per la collettività – minori i costi connessi agli eventuali «esiti infausti» della vaccinazione rispetto ai costi che si dovrebbero sostenere per evitarli.

L’inquadramento dell’indennizzo nel sistema di sicurezza sociale comporta innanzitutto che esso è regolato da strumenti di diritto pubblico e inoltre che per esso è disponibile «un numero modesto e limitato di risorse economiche», insufficienti a garantire l’integrale risarcimento del danno che appartiene all’ambito proprio della responsabilità civile.

Da tali premesse, prosegue l’Avvocatura, discende che la determinazione dell’indennizzo è attività riservata al legislatore, cosicché l’importo e le modalità di erogazione dello stesso devono avvenire all’interno del sistema di sicurezza sociale, il quale «deve calibrare i suoi interventi» in ragione dei limiti delle risorse disponibili.

Ulteriore conseguenza è che la valutazione del sacrificio imposto al danneggiato deve considerare adeguatamente sia le diverse finalità del sistema di sicurezza sociale, sia gli «evidenti vantaggi» che risiedono nella pronta ed automatica erogazione dell’indennizzo.

Coerentemente con tali premesse – prosegue l’Avvocatura - i giudici di merito, a seguito della sentenza n. 307 del 1990, da un lato hanno utilizzato la categoria della responsabilità oggettiva, in assenza di una condotta antigiuridica dello Stato, dall’altro hanno determinato un indennizzo congruamente ridotto rispetto all’entità reale del danno, in considerazione delle differenze esistenti tra la responsabilità civile e le garanzie di sicurezza sociale.

Si comprende, dunque, che il sindacato della Corte costituzionale si sia limitato a verificare che l’esiguità dell’indennizzo non giungesse «a vanificare, svuotandolo di contenuto concreto», il relativo diritto.

L’indennizzo in questione non avrebbe d’altronde neppure natura assistenziale, posto che l’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992 consente la cumulabilità di tale erogazione con «ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito»: per esso, dunque, non si applica nessuna delle regole che disciplinano i crediti assistenziali.

L’Avvocatura osserva inoltre che il giudice rimettente avrebbe individuato impropriamente il tertium comparationis: non potrebbero infatti considerarsi assimilabili, ai fini della questione di legittimità costituzionale, i rischi connessi all’esposizione del soggetto ad eventi bellici o alla prestazione di un servizio connesso alla guerra con quelli derivanti dalla vaccinazione obbligatoria antipolio. Il rimettente tenderebbe perciò a trasferire elementi di un sistema di garanzia in un altro.

Né – prosegue l’interveniente – potrebbe essere ritenuto lesivo del principio di eguaglianza l’esercizio da parte del legislatore della potestà «di individuare e di adottare discrezionalmente soluzioni differenziate per fattispecie distinte e diverse, ancorché assimilabili».

Nel caso in esame la condizione giuridica di coloro che hanno riportato lesioni permanenti da vaccinazioni obbligatorie sarebbe obiettivamente diversa e distinta dalla condizione di chi ha subìto danni irreversibili per ragioni collegate a eventi bellici, posto che l’assimilazione potrebbe essere sostenuta solo con riferimento alla gravità del danno, «peraltro, neanche della stessa natura».

L’Avvocatura conclude pertanto per il rigetto della questione.


Considerato in diritto


1. – Il Tribunale di Camerino dubita della legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), integrata dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

Il menzionato art. 2, comma 7, stabilisce che ai soggetti danneggiati che contraggono più di una malattia a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, a norma della legge n. 210 del 1992, a ognuna delle quali sia conseguito un esito invalidante distinto, è riconosciuto un indennizzo aggiuntivo, stabilito dal Ministro della sanità con proprio decreto, in una misura non superiore al cinquanta per cento di quello, per così dire, ordinario, previsto nei commi 1 e 2 del medesimo articolo e consistente in un assegno determinato nella misura stabilita - dalla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza), come modificata dall’art. 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111 - in riferimento al trattamento pensionistico privilegiato ordinario delle Forze Armate; assegno al quale si aggiunge una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza), prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato.

Il giudice rimettente ritiene che la statuizione posta da tale comma 7 dell’art. 2 della legge n. 210 del 1992 possa violare un diritto fondamentale della persona umana, quale il diritto alla salute (artt. 2 e 32 della Costituzione), e possa apparire irragionevole in quanto, determinando nel modo anzidetto la misura dell’indennizzo, non consente il riconoscimento del diritto a ottenere anche l’assegno previsto dalla tabella E allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista dall’art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533), relativo alla determinazione dell’assegno di «superinvalidità» derivante da eventi bellici o da cause di servizio connesse alla guerra.

La premessa della tesi sostenuta dal giudice rimettente è che, in materia, alla stregua del diritto costituzionale alla salute, non siano rilevanti le cause del danno inferto alla salute e la loro incidenza statistica ma unicamente l’entità del danno subìto. Da tale premessa viene tratta, come conseguenza, l’affermazione che, a parità di danno, pari deve essere l’intervento indennitario dello Stato a favore del danneggiato. Nella specie, il soggetto che ha agito di fronte al giudice rimettente è stato colpito, come riportato nell’esposizione dei fatti di causa, da invalidità riconosciuta del cento per cento, conseguente a lesioni del sistema nervoso le quali, a giudizio del consulente tecnico d’ufficio condiviso dal giudice rimettente, rientrano nella previsione del punto b.1 della tabella E sopra menzionata, applicabile ai casi di «superinvalidità» derivante da patologie contratte per causa di servizio di guerra o a seguito di eventi bellici. In forza dei parametri costituzionali invocati e sulla premessa dell’irrilevanza della natura degli eventi che hanno determinato il danno, il giudice rimettente ritiene pertanto che la stessa indennità debba essere riconosciuta anche a chi – come il soggetto che ha promosso il giudizio di merito – tale danno ha contratto a seguito di vaccinazione antipoliomielitica obbligatoria.

A tale riconoscimento si oppone il denunciato art. 2, comma 7, della legge n. 210 del 1992 che prevede soltanto un diverso tipo di intervento indennitario, e si oppone altresì l’art. 4, comma 4, della medesima legge, il quale stabilisce che la commissione medico-ospedaliera che è chiamata a esprimere il giudizio sul nesso causale tra la vaccinazione e la menomazione della salute formula altresì un giudizio di classificazione delle lesioni e delle infermità alla stregua di una tabella diversa dalla menzionata tabella E di cui si chiede l’applicazione nel caso di specie, e precisamente «secondo la tabella A annessa al testo unico approvato con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834».

Per questa loro portata ostativa al riconoscimento dell’assegno di «superinvalidità», gli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992 vengono quindi sottoposti al controllo di costituzionalità di questa Corte.

2. – La questione non è fondata.

2.1. – La tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981, sostitutiva della corrispondente tabella E allegata al d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra) – di cui si prospetta l’applicazione anche al caso del danno alla salute derivante da vaccinazione obbligatoria, tramite una pronuncia additiva sul comma 7 dell’art. 2 della legge n. 210 del 1992 –, è inserita in un sistema normativo complesso nel quale è prevista la corresponsione di pensioni, assegni temporanei e indennità a favore di militari, o soggetti equiparati, e dei loro congiunti, nel caso di ferite, lesioni, infermità riportate in guerra o per fatti connessi alla guerra, da cui siano derivate ferite, lesioni, infermità o morte (art. 2 del citato d.P.R. n. 915 del 1978), corresponsione che vale come «atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subìto menomazioni nell’integrità fisica o la perdita di un congiunto» (art. 1). In particolare, le lesioni e le infermità elencate nella tabella E in questione danno diritto, in aggiunta alla pensione o all’assegno temporaneo, all’assegno per «superinvalidità» in esso prevista (art. 15), nonché a un’indennità per la necessità di assistenza e per la retribuzione di un accompagnatore (art. 21). Nel caso di coesistenza di infermità o mutilazioni è previsto un assegno di cumulo che si aggiunge a quello per «superinvalidità», ove si tratti di invalidità diverse da quelle che danno luogo a quest’ultimo assegno (art. 16). Norme particolari, infine, sono dettate in tema di cumulabilità e opzione tra il trattamento di guerra e altro trattamento (artt. 28 - 36). Già solo da questi accenni, risulta che la disciplina in questione costituisce un sistema e che ogni suo elemento, compresa la disciplina delle infermità che danno luogo all’assegno di «superinvalidità», contribuisce a formare il quadro, assumendo significato solo all’interno di esso.

D’altra parte, l’intervento dello Stato a favore di coloro che abbiano riportato lesioni o infermità a causa (tra l’altro) di vaccinazioni obbligatorie si è sviluppato - anche in conseguenza dei diritti riconosciuti in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, a iniziare dalla sentenza n. 307 del 1990 – dando luogo a sua volta a un autonomo quadro normativo. Secondo la legislazione vigente, l’intervento anzidetto consiste in un indennizzo, cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e rivalutato annualmente, il quale dà luogo a un assegno, reversibile per quindici anni, determinato nella misura stabilita dalla tabella B prevista dall’art. 9, secondo comma, della legge n. 177 del 1976 e ad essa allegata (modificata dall’art. 8 della legge n. 111 del 1984), in sostituzione di una precedente tabella annessa al d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, e concernente le pensioni privilegiate ordinarie riconosciute a favore di tre classi di personale delle Forze Armate. Detta tabella B prevede otto categorie di trattamento pensionistico a favore di tale personale, corrispondenti alle otto categorie di lesioni e infermità previste nella tabella A allegata al d.P.R. n. 915 del 1978 (sostituita dal d.P.R. n. 834 del 1981), in riferimento alle quali la commissione medico-ospedaliera prevista dal denunciato art. 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992 deve formulare il giudizio di classificazione. L’indennizzo è integrato da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale prevista dalla legge n. 324 del 1959 per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato, e tale integrazione si cumula, ulteriormente, con l’indennità integrativa speciale e con qualunque altra analoga indennità collegata alla variazione del costo della vita. Qualora poi coloro che si sono assoggettati al trattamento sanitario abbiano contratto più di una malattia, a ognuna delle quali sia conseguito un esito invalidante distinto, è riconosciuto, ulteriormente, un indennizzo aggiuntivo, stabilito dal Ministro della sanità con proprio decreto, in misura non superiore al cinquanta per cento di quello calcolato secondo i criteri sopra richiamati. Da ciò risulta un sistema di determinazione dell’indennizzo nel caso in questione diverso da quello concernente la materia delle pensioni di guerra, dal quale si richiede di estrapolare un elemento e di inserirlo nel primo sistema, il che, evidentemente, potrebbe essere realizzato solo con un intervento del legislatore.

In conclusione, l’eterogeneità dei sistemi normativi messi a confronto non consente di pervenire al risultato al quale la questione di costituzionalità è orientata, questione dunque che già sotto questo profilo appare non fondata.

2.2. – Neppure può essere seguita l’argomentazione del giudice rimettente là dove, sottolineando la centralità del diritto individuale alla salute nella materia in esame, afferma che l’intervento indennitario dello Stato deve essere commisurato esclusivamente al danno effettivamente subìto dal soggetto che, anche nell’interesse della collettività, si è esposto al rischio conseguente al trattamento sanitario: argomentazione che proverebbe, con l’irrilevanza della diversa tipologia delle cause e dell’incidenza statistica del danno alla salute, la necessità di una disciplina che non distingua, quanto all’applicazione della tabella E di «superinvalidità», i soggetti la cui salute ha subìto danno in conseguenza di un trattamento sanitario obbligatorio dai soggetti che il danno hanno subìto per eventi bellici.

Questo modo di argomentare, innanzitutto, condurrebbe troppo lontano poiché, dando rilievo solo all’effetto e non alle possibili cause, porterebbe addirittura a concludere - ben al di là della estensione di un singolo aspetto di una disciplina a un’altra - per la necessità sul piano costituzionale di un’unica disciplina (per usare la terminologia dell’ordinanza di rimessione) di “risarcimento solidale” del danno alla salute da parte della collettività, quale che sia la ragione che chiama in causa anche un interesse collettivo che ha determinato la necessaria esposizione a rischio della salute individuale. Ma, soprattutto, così ragionando, si trascura di considerare che l’intervento pubblico in questione deriva, dal punto di vista costituzionale, da un obbligo dello Stato non strettamente commisurato al danno subìto, un obbligo cioè di solidarietà sociale nei confronti di coloro che hanno esposto la loro salute a un rischio, nell’interesse non solo loro proprio, ma anche dell’intera collettività. Se si trattasse di un risarcimento dovuto per la lesione di un diritto, potrebbero ritenersi irrilevanti, ai fini della determinazione quantitativa del risarcimento, le cause della lesione. Poiché invece si tratta dell’adempimento di un dovere di solidarietà, è naturale ammettere che tale dovere possa essere avvertito e dal legislatore tradotto in norma, a seconda dei casi, in maniera e misura variabile in rapporto alle circostanze in cui il danno alla salute si è determinato e che quindi anche le conseguenti misure indennitarie possano differenziarsi le une dalle altre.

Anche sotto questo profilo, dunque, il dubbio di legittimità costituzionale non risulta fondato.

3. – E’ peraltro indubbio che la presente questione, come altre sulle quali questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi nel recente passato (sentenze n. 27 del 1998; n. 226 e n. 423 del 2000), nasce comprensibilmente dalla constatazione che i criteri di determinazione della misura dell’indennizzo nelle diverse ipotesi previste dal legislatore del 1992 non sono i più congrui fra quelli cui il legislatore medesimo avrebbe potuto fare riferimento, anche alla luce di quanto chiarito da questa Corte circa i caratteri di tale misura, che, oltre a dovere risultare «equa» rispetto al danno subìto (sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996), deve «tenere conto di tutte le componenti del danno stesso» (sentenza n. 307 del 1990). L’art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, in particolare, si limita infatti a fare un mero e globale rinvio, per il calcolo dell’indennizzo, a quanto previsto da una tabella che ha riguardo a un caso distante da quello qui in discussione, cioè al trattamento pensionistico privilegiato di appartenenti alle Forze Armate, per le ipotesi di infermità o malattie derivanti da cause di servizio. Il che induce a ribadire la sollecitazione, già formulata nella sentenza n. 423 del 2000 di questa Corte, affinché si addivenga a una nuova disciplina, specificamente determinata in relazione alle esigenze di normazione proprie della delicata materia.

Per questi motivi la Corte Costituzionale

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale di Camerino con l’ordinanza indicata in epigrafe.